Quando la ricerca della felicità ti si ritorce contro

la ricerca della felicità

Impariamo come inseguirla per non farsi intossicare

Continua la mia serie di articoli sulla “positività” , in questo caso sulla felicità e sulla “pop-psychology” di cui invece parlerò in futuro.

Contesto attuale

La corrente sulla “positività” ha ovviamente creato l’illusione che attraverso il pensare positivo si potessero risolvere tutti i problemi. In alcuni casi invece li ha creati, si sta parlando così di “positività tossica”. Sentirsi felici è una buona cosa, ma enfatizzare eccessivamente l’importanza di un atteggiamento positivo può ritorcersi contro, portando paradossalmente a sentirsi infelici.

Le ultime ricerche del gruppo mostrano che le persone più felici tendono a vivere più a lungo, a essere più sane e a godersi una vita di maggior successo. Fra queste “i molto felici” hanno più di vantaggi dei “mediamente felici”. La ricerca mostra anche come se perseguita in certi modi, la felicità o la positività possono diventare tossiche.

La ricerca, pubblicata su The Journal of Positive Psychology  da Ashley Humphreya, Rebecca Szoka e Brock Bastiane che ha coinvolto quasi 500 persone, è stata ispirata da questi risultati apparentemente incoerenti: perseguire la felicità può essere sia positivo che negativo per il nostro benessere. Il loro scopo era trovare ciò che trasforma la positività da salutare in tossica.

Aspettarsi il meglio, sentirsi peggio

Se attribuiamo un valore troppo elevato alla nostra felicità, soprattutto nei contesti in cui dovremmo sentirci felici, porta ad un minore intensità di questo stato. Spesso poi rimaniamo delusi e ci colpevolizziamo aggiungendo così sentimenti di tristezza.

Riporto la frase di una vignetta di Randy Glasbergen che raffigura un paziente che si confessa al suo psicologo:

“Sono molto, molto felice, ma voglio essere molto, molto, molto felice, ed è per questo che sono infelice”

Quindi che fare? Dare priorità alla nostra felicità futura invece che momentanea così da sperimentare miglioramenti invece che deficit. Tradotto in fatti significa impegnarsi in attività che hanno un senso per noi, così che la felicità arrivi indirettamente e non sia l’obiettivo primario di ciò che facciamo.

Valorizzare la felicità vs dare priorità alla positività

La ricerca della dr.ssa Hashley e colleghi per ottenere una migliore comprensione di ciò che rende la positività tossica hanno confrontato due approcci: valutare la felicità e dare priorità alla positività.

Alcune affermazioni sul valore della felicità erano: “Sono preoccupato per la mia felicità anche quando mi sento felice” o “Se non mi sento felice, forse c’è qualcosa che non va in me”.

Nella colonna della priorità alla positività c’erano frasi come “Strutturo la mia giornata per massimizzare la mia felicità” o “Cerco e coltivo le mie emozioni positive”.

I ricercatori hanno infine anche incluso una misura del disagio che le persone hanno con le proprie emozioni negative. Per fare ciò sono state introdotte affermazioni come “Mi vedo fallire nella vita quando mi sento depresso o ansioso” o “Mi piaccio meno quando mi sento depresso o ansioso”.

I risultati

Chi ottenne un punteggio alto nel valutare la felicità (aspettativa di felicità) viveva le emozioni negative rifiutandole e come un segno di fallimento nella vita e non. In parte questa era anche la ragione per cui queste persone avevano livelli di benessere inferiori. Le persone invece che si focalizzavano sulla positività delle piccole cose quotidiane (punteggio alto sulla scala priorità della positività), erano più inclini ad accettare le loro emozioni negative.

Cercare di mantenere alti livelli di felicità per tutto il tempo è quello che dovremmo evitare di fare. La miglior cosa è apprezzare appunto le piccole cose quotidiane e pensare alla felicità futura. Potremmo scrivere il nostro diario delle belle cose quotidiane.

Cosa rende tossica la positività quindi?

Atteggiamento, o per dirla diversamente la nostra reazione ai fatti è la chiave per evitare di rendere tossica la positività. La cosa importante quindi non è cosa ci accade, ma cosa facciamo con ciò che ci accade.

Parafrasando un grande scrittore Haruki Murakami “l’evento negativo è inevitabile, ma soffrire per esso è opzionale”

Se la ricerca della felicità costante è come una linea infinita, l’evento negativo è ciò che interrompe questa continuità e ci fa sembrare il nostro obiettivo più lontano e di conseguenza siamo più delusi. 

Soluzioni

Impariamo a rispondere piuttosto che reagire alle emozioni è un fattore chiave per la nostra felicità. Possiamo scappare o tentare di ridurre un dolore o un sentimento negativo, ma poco serve.

La chiave è invece chiederci come possiamo utilizzare ciò che sta accadendo a nostro favore. 

Questa semplice domanda permette di aumentare la nostra comprensione degli stati emotivi e reagirvi così in modo più proficuo e utile al nostro benessere.

Come avere successo: 5 strategie per rimuovere gli ostacoli

cinque modi per avere successo
Essere ottimisti è facile quando tutto va per il verso giusto

Vediamo quindi cinque strategie per annientare i possibili ostacoli e avere successo:

Dialogo interiore

Ripeto qui quando detto in un mio articolo precedente in cui parlo della ruminazione e di come fermarla e chi si è ritrovato nel vortice di questi pensieri conosce ciò di cui sto parlando. In quei momenti pensiamo solo che andrà tutto male e cadremo ancor di più in disgrazia. La cosa più efficace che possiamo fare è evitare un dialogo interiore negativo smettendo di rispondere alle assurde domande che poniamo a noi stesse. Evitiamo quindi di ingannare in modo maldestro la nostra mente cercando di pensare positivo così come vuole una corrente di pensiero statunitense in voga, ma piuttosto fermiamola.

“Volere” al posto di “non volere” 

Di solito cerchiamo di evitare le cose spiacevoli invece che puntare a ciò che vogliamo. I nostri pensieri sono focalizzati sul “non volere”, non voglio che il colloquio vada male, non voglio restare senza soldi, non voglio che il collega mi scavalchi, etc. In questo modo siamo sotto scacco della paura costantemente con l’ansia alle stelle. Dobbiamo spostare il nostro il nostro fuoco sul volere, sul successo, e per facilitare le cose dovremmo concentrarci su di un piccolo obiettivo. In questo modo il suo raggiungimento aumenta la nostra fiducia creando così un circolo virtuoso.

Smettere di lamentarsi

Questa è una variante del punto uno e due, si potrebbe dire che è un camuffamento che la nostra mente adotta per perpetuare il dialogo interiore e la paura. Da un lato ci fa sentire bene, perché il lamento in generale è rivolto all’esterno, esempio non c’è più mercato per questa mia idea, nessuno vuole questa cosa anche se l’ho presentata a tutti, etc,. Dall’altro lato ci fa cadere ancor di più nel pessimismo perché il lamento è rivolto all’interno, un esempio su tutti “io non valgo”. Detto questo viene da se la strategia e se abbiamo bisogno rileggiamo il punto uno e due.

Social comsuming? Keep calm and don’t scroll

Altro punto fondamentale è quello che io chiamo “social consuming”. Questo appetito per i social, con algoritmi che ci tengono incollati agli schermi, e che ci fanno vedere proprio quello che noi non siamo, tutto il loro successo mentre noi..il che ci porta ancora a riverberare quanto detto al punto 2 sopra. Rimando la discussione sulla distorsione creata dai social in un altro articolo. Ogni cosa che ingeriamo va assunta con parsimonia e vale lo stesso per ciò che assorbiamo attraverso i vari Facebook, Instagram o TikTok.

Gratitudine

Un altro modo per combattere il lamento è esser grati. A livello comportamentale siamo una specie molto attenta alle minacce. Questo focalizzarsi sulle cose negative, utile per la nostra salvezza come primati, governa le nostre giornate. La gratitudine quindi è all’inizio un comportamento intenzionale che richiede la nostra attenzione e costanza. Un esercizio che consiglio ai miei clienti è di adottare il “diario della gratitudine”. Alla sera, ci si prende il tempo per scrivere le cose per cui essere grati nella giornata pensando anche e soprattutto alle piccole cose.

Rimuginazione? Scopri come fermarla

Ti è mai successo un momento in cui hai cominciato a pensare a quella cosa in particolare e non ti sei più fermato? Poco importa la ragione per la quale tu debba fare una scelta, la tua mente fatica a trovare una via d’uscita e tu rimani vittima di questo groviglio che ti schiaccia. Spesso vengono chiamati pensieri ossessivi o ricorsivi.

Si è sempre chiamata ruminazione che sia fatta sul passato, presente o futuro e quando questa diventa così forte da ostacolare la vita di tutti i giorni, possiamo parlare di dubbio patologico. Questo si insinua piano piano come un tarlo nelle nostre menti diventando sempre più grande fino ad occuparle a tempo pieno così come afferma anche la dr.ssa Kati Morton.

Come afferma il dr. Brewer si tratta di un processo che poi diviene abitudine attraverso il meccanismo di ricompensa. Adattando la sua formulazione di abitudine al nostro problema abbiamo che: 

  1. fase d’innesco ovvero la scelta o comunque la possibilità di avere più opzioni per uno stesso evento
  2. fase di processamento di tutte le informazioni quando si vagliano tutte le opzioni disponibili e le loro sfaccettature 
  3. ricompensa ossia che il processamento che porta all’illusione della soluzione sembra far diminuire l’ansia legata appunto ad una scelta sbagliata

In realtà ciò che mantiene il tarlo è proprio il cercare la soluzione ideale, assoluta, perfetta che al momento pare far diminuire l’ansia invece la fa peggiorare ad ogni risposta successiva. I pensieri ossessivi sono alimentati dalle nostre riposte.

Il dr. Brewer, Mattu e Morton, hanno fornito alcuni passi per poter uscire da questo dilemma. Questi sono stati rivisti sulla base della mia esperienza e sull’esperienza con migliaia di casi presso il centro di terapia breve strategica inoltre ho aggiunto alcune delle cose da evitare per non peggiorare il problema:

  1. cercare di distrarsi: generalmente questa è una cosa da evitare perché il distrarsi, ovvero cercare di non pensare, ottiene l’effetto contrario se applicato a questa particolare categoria di problema. Andare a fare una passeggiata, leggere, etc. servono quando il dubbio non è così pervasivo.
  2. verbalizzare il dubbio con altri: altra soluzione d evitare perché certamente noi non rispondiamo, ma cercano di farlo gli altri. Oltre a non risolvere il problema lo fa peggiorare perché alla fine non saremmo convinti nemmeno delle loro risposte e cercheremo altre persone più “esperte” e via via così ripetendo la catena
  3. consapevolizzare la ricompensa: con ciò si intende la capacità di fermarsi quando ci si rende consapevoli di essere entrati in quel vortice e per fermarlo chiedersi quale ricompensa si ha se si continua in tal senso
  4. fermare i pensieri: questa è la tecnica in assoluto più efficace. Può prendere varie forme a seconda della persona che presenta il problema A volte quindi la strategia è quella di scrivere, altre usare una frase stop, perché la terapia breve strategica costruisce la terapia su misura invece che Setting precostituiti.

6 modi costruttivi su come punire i figli senza minare la loro autostima

Riporto questo articolo della Dr.ssa Amy Morin, psicoterapeuta e autrice del libro “13 Things mentally strong people don’t do

Avere disciplina con i figli non significa farli sentire sbagliati nei confronti di loro stessi. Le punizioni che fanno vergognare i figli sono anzi inutili. Queste dovrebbero insegnare che quello che è stato fatto è sbagliato, ma senza far sentire il bambino sbagliato per quel che è come persona. Per fare un esempio frasi come “ te l’avevo detto di stare attento, sei il solito incapace”, dicono molto su cosa bisognerebbe evitare di fare.

La disciplina da impartire ai figli è sempre un argomento scottante in famiglia

  1. Evitare etichette. Qui parliamo sia di quelle negative che di quelle positive, esempio “ecco il mio piccolo scienziato”. In questo modo il bambino potrebbe non perseguire i suoi interessi nella musica, magari essendoci anche più portato. Etichette negative ripetute come “sei il solito combina guai” altro non fa che creare una profezia che si autodetermina. Il bambino costruirà un’immagine di se che non farà altro che confermare tale affermazione (n.d.a).
  2. Separare il comportamento dalla persona. Noi dobbiamo punire il comportamento facendo comunque sentire che non è il bambino sbagliato diverso è quindi dire “sei un cattivo ragazzo” da “non è stata una buona scelta”
  3. Loda gli sforzi e non i risultati. Quando diciamo “bravo hai preso 10 oggi”, il ragazzo o la ragazza può pensare che per avere una tale attenzione debba sempre avere tale risultato. Potremmo invece dire “ho visto che ti sei impegnato molto per quel compito!” rafforzando così la loro autostima e la fiducia nelle loro capacità diminuendo l’ansia da prestazione.
  4. Facciamolo apprendere anziché punire. Una cattiva punizione è peggio che una non-punizione e in questo caso è meglio insegnare lui che ci sono delle conseguenze rispetto al suo comportamento, questo l’aiuterà ad evitare lo stesso errore nel futuro. Chiaramente l’insegnamento deve essere con un linguaggio e un modo adatti all’età altrimenti si corre il rischio che il bambino non capisca.

Altre indicazioni che aggiungo sulla base della mia esperienza:

  1. Le minacce devono essere portate a termine. Le minacce a vuoto, senza conseguenze sono assolutamente inutili perché creano nel bambino l’idea che nulla può succedere in conseguenza ad un determinato comportamento. In sostanza non sortiscono alcun effetto.
  2. Evitare di fare confronti. Dire “sei come…” o “hai visto gli altri che bravi che sono” è abbastanza frustrante per un bambino e lo mette in una condizione di sentirsi sbagliato non per quello che ha fatto, ma per com’è. I bambini sono unici e vanno aiutati ad esserlo, insegnando loro il modo più utile per diventarlo nel rispetto di sé e degli altri.

Autostima: 10 regole d’oro

Le strategie per incrementarla

L’autostima può essere definita come un sano rispetto di se stessi. In questo mondo altamente competitivo se ci confrontiamo non avendo chiari i nostri obiettivi, sogni e desideri possiamo perdere fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità.

La buona notizia è che la poca autostima è in gran parte un fenomeno appreso. I problemi di bassa autostima sono essenzialmente cattive abitudini nei nostri comportamenti, atteggiamenti e nella nostra comunicazione interpersonale (dialogo interiore). Si può quindi imparare nuovamente ad avere fiducia in noi stessi e accrescere così la nostra autostima.

Per fare un esempio curare il proprio corpo e il proprio vestiario, adattandolo alle proprie esigenze e personalità, ci fa sentire migliori. Importante qui non è il costo dell’abito, o altro accessorio, ciò che cambia è l’atteggiamento verso me stesso e verso gli altri. Di conseguenza i comportamenti adottati saranno il riflesso di quell’impostazione mentale che non faranno altro che aumentare la mia autostima e così via in un circolo virtuoso.

Nei casi in cui, nonostante abbiamo provato a migliorare la fiducia in noi stessi, questo non abbia avuto risultati avverarsi anche di un professionista psicoterapeuta che ci guidi verso il recupero dell’autostima è la scelta più utile per ottenere risultati efficaci ed efficienti.

Vediamo ora 10 regole o strategie per incrementare la nostra autostima:

  1. Come se: fai come se fossi già pieno di autostima. Fai ogni giorno una piccola cosa come se avessi raggiunto la tua autostima;
  2. Se hai avuto fiducia in te stesso una volta, ripeti quello che hai fatto;
  3. I punti di riferimento sono dentro di te e non in confronto ad altri;
  4. Trasforma i tuoi limiti in risorse;
  5. Essere perfetti significa interrompere un’evoluzione, quindi prediligi la crescita costante e il miglioramento;
  6. Agisci il tuo futuro anziché sognarlo;
  7. Evitare generalizzazioni: dire ho poca autostima significa tutto e niente! In quale ambito della tua vita hai poca autostima? Definire bene il settore migliora l’autostima in generale;
  8. Evitiamo di confrontarci solo con gli aspetti idealizzati delle altre persone, ad uno sguardo più attento potrebbe non essere tutto così meraviglioso;
  9. Dividi e conquista: l’obiettivo prefissato potrebbe essere grande, quindi il dividerlo in piccoli traguardi di più facile realizzazione rende noi stessi più fiduciosi e la nostra autostima crescerà;
  10. Prendi le distanze dai tuoi pensieri negativi: Quando i problemi di bassa autostima sono stati condizionati per molti anni, i modelli di pensiero negativo sono probabilmente automatici e veloci, fino a quando non li metti in pausa prestando loro attenzione. Il sé osservatore è un’utile risorsa psicologica che aiuta ad aumentare la consapevolezza in molte situazioni, ma alcune volte ci limita. Fermare quella catena di pensieri negativi è dare un stop al sé osservatore che fa il suo soliloquio conducendoci verso l’abisso è quanto di più utile possiamo fare per migliorare la nostra fiducia.