La psicologia popolare come movimento che che parte dagli anni ’80
Che cos’è la psicologia popolare?
Come dice la parola stessa essa può essere definita come il tentativo di presentare idee, teorie, nuove scoperte psicologiche ad un vasto pubblico. La psicologia al pari di altri settori scientifici, ha proprie pubblicazioni specialistiche e con un linguaggio proprio della materia. La psicologia pop (pop-psychology o psicologia popolare) è il modo pensato per rendere più accessibili, accattivanti e utilizzabili le conoscenze derivanti dalle ricerche svolte in ambito accademico.
Classificare la psicologia pop non è cosa facile, ma possiamo distinguere due diversi generi principali. Nel primo abbiamo libri, video e media in generale scritti da accademici o da giornalisti scientifici, il cui scopo è informare il pubblico sulle nuove scoperte della psicologica scientifica. Esempi ne sono:
La mente che sente. A tu per tu: dialogando in vicinanza, nonostante tutto scritto da Daniela Lucangeli docente dell’Università di Padova
Neuroscienze cognitive scritto da M.S. Gazzaniga, et al.
Neuro-mania scritto da Paolo Legrenzi Docente emerito, Carlo Umiltà
Disturbi del linguaggio e psichiatrici nel 20% dei bambini e ragazzi in “La Repubblica salute“
secondo genere
Questo è molto diffuso. Vi rientrano infatti tutti gli aiuti pratici per affrontare le sfide quotidiane. Chi scrive in questo settore sono principalmente professionisti della psicologia che si tengono a distanza di sicurezza dalle ricerche sugli argomenti di cui parlano. Abbiamo un’enorme biblioteca in merito perché questo tipo di pubblicazioni mirano a renderci amanti migliori, partner e genitori più capaci. Parlano a quelli di noi che vogliono essere più felici, più magri, più in forma, più ricchi, più intelligenti, più sexy o più produttivi.
All’interno del settore in cui cerchiamo di migliorarci o di trovare sollievo ai nostri disagi mentali, che possiamo definire auto-aiuto (self-help) troviamo anche autori i quali non sono professionisti psicologi. Persone, che vanno dal manager di industria al guru della rete, parlano, scrivono fanno video, su tematiche attinenti alla scienza psicologica pur non avendo un background in materia, ma solo la loro, o di altri, esperienza di esseri umani. Un esempio è del primo tipo è “il manuale della felicità” di Raffaele Morelli, mentre il secondo Roberto Re e affini.
La linea di confine tra psicologia e auto-aiuto tout court
Non voglio entrare nella diatriba se questo sia giusto o meno, lasciando al lettore il compito di decidere cosa sia giusto o meno. A me solo il compito di ricordare che non tutto ciò che è passato come scientifico, che sembra il lavoro di un ricercatore, o che usi il gergo proprio della psicologia è tale.
Jesse Singal, giornalista americano, nel suo libro “the quick fix” ha mostrato come alcune delle fantomatiche teorie della psicologia pop dagli anni 90 in poi avessero basi di ricerca fragili oppure avessero risultati dubbi quando furono replicate.
Parafrasando H. von Hofmannsthal “tutto ciò che è creduto esiste e soltanto questo”